giovedì 7 marzo 2013

Ricordi di Città della Scienza

Ero alle elementari, era forse la prima volta che venivo a Napoli. Il pulman allora mi sembrava molto grande, tutto mi sembrava molto più grande di ora. Anche il tragitto prima di arrivare per me era un'avvenutra, dal finestrino dell'autobus potevo vedere un sacco di posti nuovi, per lo più non bellissimi, ma allora non me ne rendevo conto. Periferie abbandonate, capannoni arruginiti, e poi il mare e dei capannoni meno abbandonati degli altri, una piazza con un grande comignolo nel mezzo. Mi sembra di ricordare che non era una giornata di sole, c'era un cielo plumbero, forse aveva anche piovuto, o era l'umidità della notte che mi fa ricordare il terreo bagnato.
Ho dei flash, non ricordo esattamente come fu, d'improvviso mi ritrovo in una grande stanza con cupola al buio, dove sul soffitto tra il nero e il blu profondo, appaiono delle luci, delle costellazioni. Forse c'erano anche dei pianeti. Poi un'esperimento, che ti fa drizzare i capelli in testa, un'altro sui suoni, poi dobbiamo correre da un punto all'altro di una stanza, poi un signore che si appende ad una calamita con tutto il suo peso, e questa non si stacca.
Poi entriamo in un posto che ci dicono fatto apposta per noi, dove i grandi non possono entrare.Una stanza con delle ossa, -chi sa di cosa? - forse cavallo? o mucca?.
Degli strani pannelli da cui escono odori che dobbiamo riconoscere, scatoloni in cui si possono infilare solo le mani per valutare la consistenza, una strana pasta da masticare col naso chiuso, sembra terra, e poi senti l'odore di cannella.
Poi tutto diventa nebuloso.
Passano molti anni, ora ne ho più di venti e mi ritrovo in quello strano posto, che mi sembra allo stesso tempo più piccolo e più grande di come me lo ricordavo, con tanti capannoni in più. Siamo in tanti ad aspettare, forse più di 300, ci dividono in turni e ci fanno accedere in una grande sala in cui le sedie sono disposte su più file e su più livelli come in un teatro. Dobbiamo fare il colloquio per il servizio civile, ci devono valutare singolarmente,  però prima vogliono raccontarci cosa sono, cosa loro fanno. Ci parlano, poi si compila una questionario e si aspetta, ognuno il proprio turno in gruppi da 10. Arrivato il tuo ti portano in un'altra stanza grande lo stesso ma meno alta.
Dopo si esce e si torna fuori, sulla strada, dove c'è il parcheggiatore abusivo che ti chiede i soldi, gli automobilisti che non aspettano che fai la manovra per uscire e ti iniziano a bussare, il traffico, lo smog, ecc. ecc.
Ora non c'è più quel posto chiuso, si è volatilizzato come un sogno in meno di due ore, e il vento e l'acqua ne hanno sparso la cenere su tutta la città.
Ma  non è sparito, si è solo aperto alla città, le sue ceneri la feconderanno.
Qualcosa si muove?
Si forse qualcosa si muove, quanti sul serio conoscevano quel posto dei tanti cittadini di Napoli? Quanti c'erano mai stati? Ed ora tutti piangono.
Cosa sarebbe stato di quel luogo tra un paio d'anni, coi tagli ai fondi, coi dipendenti senza stipendio già da 11 mesi? Chi avrebbe pianto alla sua chiusura? I politici forse che ora si strappano le vesti?.
Meglio una lenta agonia o un'unico grande incendio?.
Forse qualcosa si muove, perchè sono le mamme e i bambini quelli che avrebbero pianto in tutti e due i casi, e sono loro che protestano, che ricostruiscono.
Per fortuna i bambini diventano adulti, e non dimenticano i bei momenti trascorsi tra quelle mura, come me. Questa è la dimostrazione che il lavoro fatto fin'ora non è andato perduto come qualcuno vuole far credere, il futuro non sono le fabbriche, le abitazioni, le infrastrutture. Il futuro sono le persone, e Città della Scienza è riuscita a formarne tante, facendo un investimento veramente redditizio.

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