sabato 23 marzo 2013

Momenti poetici

Sono come sabbia trasportata dal vento caduta nelle tue mani, tienimi stretta mi sento scivolare via, cadere e non voglio, se puoi tienimi stretta altrimenti lasciami andare libera nel vento.

giovedì 7 marzo 2013

Ricordi di Città della Scienza

Ero alle elementari, era forse la prima volta che venivo a Napoli. Il pulman allora mi sembrava molto grande, tutto mi sembrava molto più grande di ora. Anche il tragitto prima di arrivare per me era un'avvenutra, dal finestrino dell'autobus potevo vedere un sacco di posti nuovi, per lo più non bellissimi, ma allora non me ne rendevo conto. Periferie abbandonate, capannoni arruginiti, e poi il mare e dei capannoni meno abbandonati degli altri, una piazza con un grande comignolo nel mezzo. Mi sembra di ricordare che non era una giornata di sole, c'era un cielo plumbero, forse aveva anche piovuto, o era l'umidità della notte che mi fa ricordare il terreo bagnato.
Ho dei flash, non ricordo esattamente come fu, d'improvviso mi ritrovo in una grande stanza con cupola al buio, dove sul soffitto tra il nero e il blu profondo, appaiono delle luci, delle costellazioni. Forse c'erano anche dei pianeti. Poi un'esperimento, che ti fa drizzare i capelli in testa, un'altro sui suoni, poi dobbiamo correre da un punto all'altro di una stanza, poi un signore che si appende ad una calamita con tutto il suo peso, e questa non si stacca.
Poi entriamo in un posto che ci dicono fatto apposta per noi, dove i grandi non possono entrare.Una stanza con delle ossa, -chi sa di cosa? - forse cavallo? o mucca?.
Degli strani pannelli da cui escono odori che dobbiamo riconoscere, scatoloni in cui si possono infilare solo le mani per valutare la consistenza, una strana pasta da masticare col naso chiuso, sembra terra, e poi senti l'odore di cannella.
Poi tutto diventa nebuloso.
Passano molti anni, ora ne ho più di venti e mi ritrovo in quello strano posto, che mi sembra allo stesso tempo più piccolo e più grande di come me lo ricordavo, con tanti capannoni in più. Siamo in tanti ad aspettare, forse più di 300, ci dividono in turni e ci fanno accedere in una grande sala in cui le sedie sono disposte su più file e su più livelli come in un teatro. Dobbiamo fare il colloquio per il servizio civile, ci devono valutare singolarmente,  però prima vogliono raccontarci cosa sono, cosa loro fanno. Ci parlano, poi si compila una questionario e si aspetta, ognuno il proprio turno in gruppi da 10. Arrivato il tuo ti portano in un'altra stanza grande lo stesso ma meno alta.
Dopo si esce e si torna fuori, sulla strada, dove c'è il parcheggiatore abusivo che ti chiede i soldi, gli automobilisti che non aspettano che fai la manovra per uscire e ti iniziano a bussare, il traffico, lo smog, ecc. ecc.
Ora non c'è più quel posto chiuso, si è volatilizzato come un sogno in meno di due ore, e il vento e l'acqua ne hanno sparso la cenere su tutta la città.
Ma  non è sparito, si è solo aperto alla città, le sue ceneri la feconderanno.
Qualcosa si muove?
Si forse qualcosa si muove, quanti sul serio conoscevano quel posto dei tanti cittadini di Napoli? Quanti c'erano mai stati? Ed ora tutti piangono.
Cosa sarebbe stato di quel luogo tra un paio d'anni, coi tagli ai fondi, coi dipendenti senza stipendio già da 11 mesi? Chi avrebbe pianto alla sua chiusura? I politici forse che ora si strappano le vesti?.
Meglio una lenta agonia o un'unico grande incendio?.
Forse qualcosa si muove, perchè sono le mamme e i bambini quelli che avrebbero pianto in tutti e due i casi, e sono loro che protestano, che ricostruiscono.
Per fortuna i bambini diventano adulti, e non dimenticano i bei momenti trascorsi tra quelle mura, come me. Questa è la dimostrazione che il lavoro fatto fin'ora non è andato perduto come qualcuno vuole far credere, il futuro non sono le fabbriche, le abitazioni, le infrastrutture. Il futuro sono le persone, e Città della Scienza è riuscita a formarne tante, facendo un investimento veramente redditizio.

domenica 30 dicembre 2012

Salerno, circo di luci

Luogo cult del Natale in Campania è sicuramente San Gregorio Armeno, la via dei presepi di Napoli, ma questo finir di anno mi sono lasciata trascinare da una nuova moda, andare a Salerno per le luci d'artista.

E' questa una nuova tradizione, con all'attivo solo 6 anni.
Napoli è la calamita della Campania, ha natura molto diversa dalle città del nord, piccoli centri silenziosi e puliti, dove tutti si conoscono. Napoli è il centro del mondo per i campani, c'è un'amore viscerale. Cosa si fa sabato sera? Si va a Napoli a mangiare una pizza!, e dove? Starita? Trianon? da Michele?, o meglio l'etnico a piazza Nazionale?

Eppure questo natale Napoli è più vuota del solito, mentre andare a Salerno è diventato quasi impossibile.
Parti alle 4 del pomeriggio quando ancora non ha fatto buio per vedere le luci d'artista, e ti senti furbo, sei orgoglioso di te. "Non incontrerò nessuno per strada."
Poi arrivi sulla Salerno Reggio Calabria e pensi: va be un po di traffico ci sta, ci sono i lavori in corso, a tratti è ancora a due corsie ...
poi ancora non arrivi a Vietri sul mare e si vede una fila infinita. Dopo un'oretta riesci a superare i 3 km che ti separano dalla tangenziale di Salerno, quando un'auto della polizia blocca l'uscita per il centro e sei costretto a proseguire sull'autostrada per ritrovarti in quartieri periferici affollatissimi e per di più con le luci decorative che erano anche sotto casa tua. MA il bello inizia ora: LA RESSA PER IL PARCHEGGIO!!.
Sembra di essere in uno di quei filmoni targati usa sul safari, la caccia grossa: tutti gli automobilisti girano in tondo, poi si guardano in cagnesco quando all'improvviso un uomo solitario inizia a girare nel parcheggio, tutti con massima accortezza iniziano a seguirlo, prima con gli occhi, poi con le macchine. L'uomo si guarda in giro, sente di essere fatto oggetto di occhi lusinghieri, si avvicina alla fila di macchine parcheggiate a sinistra, poi a quella di destra. Gode nell'incertezza dei suoi avversari. Poi si ferma.
Lì si scatena l'inferno, tutti che corrono -l'ho visto prima io!!!!-io lo stavo seguendo da lontano!!!.

Dopo  un'altra oretta e mezza nella più fortunata delle ipotesi avete trovato un parcheggio, ma vi accorgete che nonostante lo sforzo, questo parcheggio si trova dall'altro lato della città rispetto al centro dove sono le famose luci d'artista. Quindi vi incamminate, non sapete bene dove...seguite la massa di carrozzini, coppiette avanti negli anni, giovani anche loro a caccia come gli automobilisti.
Ed ecco la strada diventa più chiara e luminosa, ed aumenta anche inesorabilmente il numero di persone, siete sul corso principale di Salerno. Alzate la testa al cielo e vedete sfere luminose, stelle cadenti, manti stellati che vi conducono al grande albero di natale candido e luminoso, con a tratti sprizzi di rosso.
Ora la strada si restringe e dovete scivolare tra la folla come in un ventre, sgusciare, cercare le stradine meno popolose e ancora una volta fermarvi a guardare in alto: fiori. foglie, segni zodiacali, un drago luminoso, e poi il giardino coi folletti, gli animaletti, il tunnel luminoso.
E cosa fare se non una bella fotografia per ricordare tutto?.
 Siete ossessionati dalle fotografie, bisogna farle per non dimenticare niente, per non perdersi un'emozione. Foto delle luci, foto di voi e le luci, foto delle luci di voi e degli amici, foto degli sconosciuti.... e poi anche gli altri a fare foto. I flash non si distinguono dal lampeggiare delle luminarie. E poi ci sono gli animali top, c'è la coda per farsi la foto con loro, come allo zoo: c'è l'orso polare, c'è il cigno e il pavone, lo scoiattolo e la lumaca. C'è n'è per tutti!!!.
Tra la gente e le luminarie spuntano banchetti dove si vende qualsiasi cosa, primariamente cose da mangiare: si sa, cioè uno si fa una sfacchinata a camminare e poi non mangia niente?. Caldarrosto, creps, pescetti fritti, patatine fritte, sfogliatelle calde, graffe, cioccolata,  tutta roba leggera diciamo.
Quando avete scattato abbastanza fotografie da convincere parenti e amici che ci siete stati veramente e riempito abbastanza la pancia, si torna indietro, sperando di ricordare dove avete lasciato la macchina e che sia ancora lì.
Tornati a casa si fa il confronto con chi c'è stato, sul se si sono persi dei luoghi topici visti nelle fotografie degli altri, se si sono trascurati angolini luminosi del paese delle meraviglie.
La cosa che resta , oltre le foto, è la sensazione di aver partecipato ad un concerto metal, dove tutti si spingono e si strattonano, la musica è tanto alta da farvi perdere il senso dell'orientamento e cadere in una nuvola ovattata, di luci stratosferiche che girano come in un lunapark. Un grande circo umano, fatto da uomini per altri uomini, tanti troppi altri uomini.

mercoledì 5 dicembre 2012

Compagni di Viaggio

E' sempre bello viaggiare, e spesso l'importante non è il luogo. In questo post parlerò dei compagni di viaggio.
Si sprecano le ovvietà rispetto al fatto che la vita è come un viaggio, un'eterna corsa verso non si sa dove su un pullman senza freni. Da bambino  non hai tempo per giocare perchè devi studiare, e pensi: " va be migliorerà quando sarò grande", poi cresci e ti accorgi che va sempre peggio. Inizi a correre, e poi a correre più veloce, ma un masso ti è sempre alle calcagna, proprio lì che ti insegue e non riesci a porre tra te e lui più spazio di quanto non ce ne sia sempre stato. Sei sempre più stanco e le tecnologie che dovrebbero aiutarti fanno aumentare il peso del masso che ti insegue. Pensavi di essere tornato a casa e poter riposare? Povero illuso, ora coi telefonini, tablet, pc, il lavoro ti insegue ovunque. Sei solo, maledettamente solo.
Poi ti accorgi che non sei solo tu a correre, intorno a te ci sono altre persone che corrono e che sono inseguite da massi molto più grandi dei tuoi. C'è chi si lamenta anche se sembra passeggiare allegramente e  non correre, e c'è chi seppur completamente zuppo di sudore non lascia trasparire alcun dolore. Ti accorgi di non essere più solo.
Allora cerchi qualcuno, qualcuno che abbia un masso simile al tuo, come si dice: mal comune mezzo gaudio. Lo trovi, e inizi a parlarci, e ti accorgi che il masso che ti insegue rallenta. Vedi meglio ciò che ti circonda, apprezzi la brezza che ti scompiglia i capelli, e senza accorgertene stai camminando. Ti confidi e il male sembra sparire. Ma questo solo perchè hai trovato una persona col tuo stesso masso, una persona che capisce le tue ansie, le tue paure. E d'improvviso ti accorgi che il tuo compagni di viaggio si è allontanato da te, non riesci più a distinguerlo nella massa di gente che corre. Sei di nuovo triste, triste finchè non incontri un nuovo compagno di viaggio. Ma se non ti guardi attorno come farai a riconoscerlo?.
Non lasciarlo passare, perchè anche tu puoi rallentare la sua corsa.

giovedì 27 settembre 2012

Sarebbe bello poter fare una passeggiata per Napoli ad occhi chiusi, seguendo solo gli odori. Una giornata di sole, ma non in piena estate quando l'afa ti costringe a strisciare lungo i muri per assaporare un po d'ombra, a metà settembre, magari a metà mattinata quando la città si è completamente svegliata. Allora puoi sentire, partendo dall'incrocio tra via Duomo e via dei Tribunali,  l'odore di pizze zeppole e crocchè appena sfornati da "o' Presidente", poi avvertire l'aprirsi della piazza con la chiesa dei Girolamini dal tepore che il passaggio della luce riflessa sulla facciata di marmo chiaro della chiesa provoca. La chiesa ora è visitabile, anche se si accede da via Duomo.
Si prosegue seguendo gli odori sino ad arrivare ad un nuovo slargo, quello che in basso porta alla chiesa di San Lorenzo Maggiore, la chiesa degli Angiò,nella cui facciata settecentesca solo il portone gotico rivela l'antichità. Ma basta entrare per rimanere affascinati dall'eleganza delle serie monocroma di arcate ogivali della navata centrale, e poi sorpresi dalla presenza nel transetto sul lato sinistro della perla barocca che è il cappellone di sant'Antonio. Sul lato destro invece la speranza e la carità sostengono il monumento sepolcrale di Caterina d'Austria realizzato da Tino da Camaino. Ma la cosa più inaspettata è trovare un pezzo di Francia a Napoli nell'abside con deambulatorio e cappelle radiali che si aprono intorno all'altare centrale come i petali di un fiore.
Da qui gli itinerari si possono moltiplicare: si scende per San Gregorio Armeno dalla facciata di San Lorenzo, stando attenti ai calcinacci che sembrano da un momento all'altro poter cadere, e sgusciare tra le bancarelle di pastori sotto l'arco fino alla chiesa di San Gregorio, oppure proseguire un po più avanti su via dei tribunali e scendere alla traversa di San Domenico Maggiore, per visitare anche la casa del principe di Sansevero, la cui storia merita un post a parte, o proseguire come faremo su via dei tribunali fino all'ultimo slargo di port'Alba, quello della Chiesa-Conservatorio di San Pietro a Maiella.
Usciamo però da San Lorenzo e torniamo a chiudere gli occhi e proseguire cercando nell'area come segugi l'odore di sfogliatelle e babà delle pasticcerie sotto i porticati sulla sinistra di via dei tribunali di fronte alla Basilica di San Paolo Maggiore, dove si può vedere la sagrestia riccamente affrescata dal Solimena.
Dopo la pizzeria dei Decumani si incontra la chiesa del Purgatorio ad Arco, il cui sotterraneo conserva ancora traccia dei numerosi teschi che li venivano posti, tra cui molti considerati miracolosi, come quelli del Cimitero delle Fontanelle. Ma proseguiamo il viaggio questa volta provando a chiudere oltre gli occhi anche il naso, per lasciarci guidare solo dall'udito. Non sarà cosa difficile come chiunque abita da quelle parti sa bene, superando il campanile romanico sulla destra con inglobate tra le mura vestigia romane, sembra di star per arrivare ad un manicomio, pianoforti che suonano, trombe, violini, percussioni e qualsiasi strumento possiate immaginare, sopra cui tutti campeggiano i cantanti coi loro acuti. Ecco siete  arrivati al Conservatorio.
Il museo-biblioteca del conservatorio secondo il mio modesto parere è da visitare, ma non solo per gli affreschi delle sale ottocentesche della biblioteca che conserva tutti i lavori della scuola napoletana di opera buffa, o per le grandi sale al piano terra che circondano il chiostro centrale, come la Scarlatti col gigantesco organo. Quando sono andata a visitare il conservatorio quello che mi ha colpito sono stati piccoli oggetti sparsi un po ovunque con strane etichette, pezzi da museo di altri tempi, retaggio di un collezionismo feticista che continua a tutt'oggi anche se non più in collezioni pubbliche, oggetti come il guanto di Litzs o l'intera porta che attraverò Wagner in visita a Napoli staccata dalla parete e messa al centro della stanza in bella mostra. Tutti oggetti conservati gelosamente in teche un po impolverate dal tempo, con le etichette di carta ingiallita. Non so perchè ma sono oggetti che mi fanno tenerezza, quasi reliquie ancora più interessanti se accompagnate da un bel quartetto jazz che prova al piano terra.

domenica 22 luglio 2012

Il Maschio Angioino






Un giorno al Maschio Angioino
Stò partecipando ad una noiosa conferenza sulla situazione attuale dell'Italia, dove vengono proposte soluzioni vecchie a problemi vecchi. Per fortuna siamo al Maschio Angioino, al primo piano, e dalla finestra si intravede il cortile centrale dove c'è un po di movimento e si sente un violino suonare .... un matrimonio negli uffici del comune.  Ho visto altre volte la sala dove si celebrano i matrimoni e mi ha un po delusa, l'accesso si trova di fronte l'ingresso con la porta monumentale voluta da Alfonso D'Aragona nel 1443 per rivendicare il possesso del castello e della città appena sottratta ai d'Angiò. E' una stanzetta piccola e abbastanza spoglia in contrasto con la cappella delle anime del purgatorio che le è di fianco altrettanto piccola ma tutta coperta di stucchi dorati barocchi e poi con la maestosità della cappella Palatina il cui ingresso è poco più in là, oggi spoglia degli affreschi originali realizzati da Giotto di cui restano poche tracce, ma solida nella sua architettura gotica che mette in risalto le nervature e le modanature di pietra nera  in contrasto con le pareti di tufo. La sala è  incastrata tra le due torri del castello che si affacciano sul mare, lunga e stretta è ricoperta di grandi vetrate ad arco che mostrano il molo Beverello, il mare e poi il profilo del Vesuvio. E' questa la sua particolarità la magnifica veduta. Dallo stesso corridoio della sala dei matrimoni si accede ad una scala che porta al Museo civico e poi al Belvedere che si trova proprio sopra la sala dei matrimoni e dove tira sempre una bella brezza marina.
Ecco la sposa che esce coi pochi invitati, e nel frattempo voci di scolaresche che entrano nella sala dei Baroni dalla lunga scalinata che parte dal lato sinistro del cortile. Bisogna entrarci nella sala dei baroni, la volta ottagonale sembra un gigantesco ragno. Oggi la sala è riempita dal coro di seggi del consiglio comunale, ma in passate ce n'era solo uno di seggio, quello del re che qui accoglieva dignitari e alti funzionari.
Tra la sala dei baroni, cosi denominata dopo che Ferrante d'Aragona nel 1487 tese una trappola invitandovi i baroni suoi nemici per il matrimonio di una nipote e poi arrestandoli e mettendoli a morte, e l'ingresso quattrocentesco della cappella Palatina dominato dal grande rosone si trova la sala dell'armeria. In questa zona sono stati compiuti degli scavi col ritrovamento di resti romani resi visibili tramite un pavimento in vetro trasparente. Quando si entra si è incerti se camminare sul vetro o sulle giunture in acciaio tra i vari vetri, una volta al centro della sala sembra di lievitare sui resti romani  tra scheletri di sepolture e stanze della villa romana che lì si trovava prima della costruzione del castello. Una volta ho osservato una famiglia di giapponesi in visita molto a disagio a camminare su quelle ossa , anche se separate dal pavimento di vetro da tre metri di altezza,  che per non rinunciare alla visita percossero tutto il il perimetro della stanza seguendo lo spessore delle giunture tra le piastrelle di vetro.

giovedì 10 maggio 2012

Santa Chiara

Napoli tra sogno e realtà.

Napoli è una città strana, puoi trovarci tutto e il contrario di tutto. Un attimo prima sei d'avanti a Santa Chiara a osservare il basamento del campanile e per la prima volta noti come è grande, che continua oltre la ringhiera dell'ingresso e sembra ancora più grande grazie al colore bianco dei blocchi del piano terra. Allora immagini come hanno fatto a trasportare tutti quei massi squadrati sin lì, ora che sono circondati da palazzi e da stradine strette come quella di San Sebastiano non ti sembra possibile, e invece una volta quel basamento e quel monastero erano posti ai confini della città, primo luogo con cui il forestiero veniva in contatto. Tutto questo mentre il caos ti circonda, è l'una e mezza e i ragazzi del liceo che affaccia su piazza del Gesù nuovo escono e rumoreggiano mischiandosi alla folla di turisti un po disorientati dall'improvviso aprirsi della piazza e accecati dalla luce dimenticata nella penombra del decumano inferiore. Ma ti basta spostarti lungo le mura che circondano il monastero per ritrovarti in un'altra epoca. Sei circondato da un silenzio irreale per una città come Napoli, vedi degli strani vecchietti uscire dai bassi, dai volti antichi segnati dalle fatiche di una vita, scuri, seduti sul ciglio della strada e che ti guardano minacciosi perchè non ti riconoscono, e non è quella una zona frequentata da turisti. Hanno quasi paura che qualcuno possa entrare nell'area di silenzio che si sono  ritagliarti e possa portargliela via. Allora guardi oltre le mura e intravedi la sagoma del monastero, e puoi immaginare il chiostro maiolicato che quelle mura custodiscono come uno scrigno. Anche quello un luogo senza tempo in cui puoi perderti nei dettagli infiniti delle singole piastrelle.
Si dice che Napoli è una città caotica, ma vi sono tanti luoghi, piccoli angoli di paradiso da apprezzare ancora di più perchè in contrasto con la vivacità delle strade più frequentate.